L’eurodeputata Elly Schlein: «I richiedenti sono il doppio della capienza. Fallita la politica dell’accoglienza»
GRADISCA. Il Cara di Gradisca scoppia con 524 richiedenti attualmente ospitati a fronte di una capienza massima certificata di 270 posti. A denunciare la situazione l’eurodeputata Elly Schlein, cofondatrice di Possibile e relatrice della riforma del Regolamento Dublino che disciplina il diritto d’asilo nell’Ue.
L’europarlamentare ha visitato la struttura isontina, ricavandone un’impressione tutto sommato positiva per quanto concerne la qualità della vita e dei servizi interni.
«Ma l’alta concentrazione di migranti rimane un problema ed è la cartina tornasole di politiche fallimentari sia a livello nazionale che europeo» ha affermato. «Il fatto che la struttura di Gradisca ospiti il doppio delle persone che sarebbe tenuta ad ospitare – argomenta Schlein – è l’effetto della pressochè inesistente cooperazione fra Regione e Comuni in tema di accoglienza.
Su questo tema mi auguro che la governatrice Debora Serracchiani insista con maggiore convinzione. Basti pensare che in questa regione aderiscono allo Sprar (il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati ndr) appena una decina di comuni su oltre 200. Una cifra che non fa onore alla storia di integrazione e senso di responsabilità di questo territorio».
Ritornando al Cara, Schlein ammette di avere incontrato «condizioni di vita più che dignitose rispetto ad altre strutture che ho visitato, soprattutto dal punto di vista igienico-sanitario» ma con dei distinguo: «Un’ala è pur sempre un ex Cie, con tanto di grate e sbarre: non certo il massimo della dignità umana.
Inoltre non esiste l’aria condizionata, e stiamo parlando di 10 persone nelle camerate sovraffollate, mentre secondo le testimonianze l’acqua è calda d’estate e gelida d’inverno.
«La commissione territoriale è una, ma forse andrebbe rinforzata» riflette l’eurodeputata. E pensare che c’è chi vorrebbe abolirla o vederla trasferita altrove. Schlein punta anche il dito verso l’alta concentrazione di migranti in un piccolo comune come quello di Gradisca d’Isonzo: «Le grandi concentrazioni di persone comportano spesso la perdita di diritti delle persone e creano tensioni sia dentro che fuori queste strutture».
Schlein da tempo ha ingaggiato una dura battaglia a Bruxelles in seno al Gruppo Socialisti Democratici per giungere a una riforma del sistema di accoglienza dei rifugiati. Prova ne siano i 145 emendamenti presentati per riformare il Regolamento Dublino, che prevede che la domanda di asilo vada effettuata nel Paese d’accesso dei migranti, con ovvie conseguenze per quelli di frontiera, Italia e Grecia in particolare.
«L’articolo 15 di Dublino è un’ipocrisia assoluta – va giù duro Schlein – va sostituito con un meccanismo che distribuisca i doveri e tenga conto dei ricongiungimenti familiari. Le responsabilità dell’accoglienza vanno divise fra tutti i Paesi membri dell’Ue, come del resto previsto anche dai trattati.
Ma come possiamo essere credibili in Europa se non riusciamo ad esserlo neppure in casa nostra, trattando sempre la materia con i criteri dell’emergenza? L’accoglienza diffusa, con cifre non impattanti di asilanti in ogni Comune, porterebbe solo che benefici: a partire da un migliore controllo di risorse e responsabilità. E invece molto triste vedere molti comuni, anche di questa regione, comportarsi come fanno Ungheria e Polonia, che dicono «non a casa nostra».
Solo 7 Paesi Ue su 28 hanno affrontato la mole di richieste di asilo pervenute. Questo non è essere Unione. E dire che le domande di asilo sono 1 milione e 300mila da dividere fra 28 Paesi: il Libano da solo ospita 1 milione di rifugiati.
La sfida è su due livelli: come Gradisca non va lasciata da sola su quello nazionale, così il nostro Paese e la Grecia non possono essere volutamente abbandonati a sé stessi dagli altri Stati membri solo perchè i primi punti di accesso dell’Unione».
Chiusura sulla ventilata – dal decreto Minniti sull’immigrazione – riconversione di una parte del Cara di Gradisca Cpr. «Sarebbe un ritorno ai Cie, seppure “mini”. Un monumento alla nostra inefficienza, reso ancor peggiore dallaBossi-Fini, cui un governo che si dice di sinistra per 4 anni non ha saputo mettere mano».