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di Alberto Magnani
9 gennaio 2019

«Otto o ottantotto, non autorizzerò nessuno a entrare in Italia». Il vicepremier Matteo Salvini ha messo in chiaro, da subito, che l’Italia non rientrerà fra i paesi Ue chiamati a dividersi l’accoglienza dei49 migranti intrappolati per 22 giorni nel Mediterraneo. Un caso che ha scatenato frizioni interne con i Cinque stelle e aperto l’ennesimo fronte fra Roma e le istituzioni europee.

«A Bruxelles – ha scritto Salvini su Twitter – fanno finta di non capire e agevolano il lavoro di scafisti e Ong». Nulla di inedito. Se non fosse che proprio i rappresentanti della Lega a Bruxelles hanno remato contro quando si è trattato di riformare, in sede europea, i meccanismi di accoglienza sfavorevoli al nostro paese.

L’Italia del governo gialloverde è fra i paesi che hanno affossato la revisione del regolamento di Dublino, il testo che scarica quasi tutte le responsabilità di asilo sul paese di primo sbarco. Sia direttamente, votando contro la sua approvazione, sia indirettamente. La Lega, ha denunciato più volte l’eurodeputata italiana Elly Schlein, non ha mai partecipato alle 22 riunioni negoziali per discutere una proposta di riforma che avrebbe previsto, fra le altre cose, l’eliminazione del principio di prima accoglienza (la regola che impone di inoltrare la domanda di asilo nel paese dove si approda, anche quando si è intenzionati a migrare altrove). L’ipotesi di un nuovo impianto legislativo è sempre risultata indigesta al blocco dei paesi dell’Est, contrari a qualsiasi apertura di accoglienza per migranti sbarcati sulle coste a sud del Continente. A quanto pare anche all’Italia e al governo di Salvini, volato ieri a Varsavia per saldare un’intesa in chiave elettorale fra le varie sigle nazionaliste europee.

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La via dell’astensione
Come ha registrato anche Pagella Politica, un blog di fact-checking, gli unici emendamenti in quota leghista sono arrivati dall’attuale ministro della Famiglia Lorenzo Fontana, eletto all’europarlamento prima della convocazione nel governo di Giuseppe Conte. Un suo portavoce ha dichiarato, sempre a Pagella Politica, che la scelta di non presenziare va attribuita al gruppo politico europeo e non alla Lega. «Ma è una posizione assurda – dice al Sole 24 Ore l’eurodeputata Elly Schlein – si parla di una riforma su un tema core e non ti presenti? Posso capire la Francia della Le Pen, a cui va benissimo che non ci siano solidarietà sul primo sbarco. Ma l’Italia?». L’assenza della Lega si è confermata anche il giorno del voto, il 16 novembre 2017, quando il Parlamento ha dato il via libera alla proposta del Parlamento con 390 sì, 175 no e 44 astenuti. Fra le “schede bianche” c’erano quella di Fontana e di tutti gli eurodeputati leghisti, mentre fra i voti contrari spiccano quello di un futuro alleato di governo: i Cinque stelle. Nonostante la presenza di Ferrara fra i relatori-ombra, il movimento ha bocciato la proposta di riforma del parlamento . Raggiunto dal Sole 24 Ore, un portavoce del Movimento cinque stelle ricorda che il gruppo si è espresso contro la riforma perché penalizzata da «troppi filtri che appesantiscono la procedura e mettono un peso eccessivo sugli Stati membri di primo arrivo». La posizione è ribadita anche dall’europarlamentare Ignazio Corrao, con un post su Facebook che difende la linea del Cinque stelle. Assestando, però, anche un ceffone agli alleati di governo: «L’accusa di Elly Schlein sul fatto che la Lega è stata assente a tutti i 22 incontri per riformare i regolamento di Dublino si basa su fatti assolutamente veri – ha scritto – Così come è assolutamente vero e dimostrabile che in generale la Lega (tra cui Salvini che è stato eurodeputato per tanti anni e fino a qualche mese fa), non partecipa ai lavori legislativi qui al Parlamento Europeo».

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