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DI VIRGILIO CARRARA SUTOUR
05/06/2018

Cannabis: tanti registri per un quadro europeo da comporre Esempi virtuosi, resistenze e una competenza necessaria al centro del dibattito istituzionale dell’UE. Intervista a Elly Schlein, Eurodeputata del Gruppo dell’Alleanza progressista dei Socialisti e dei Democratici

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Data la variegata attualità delle esperienze nazionali, è lecito interrogarsi sugli eventuali nodi di discussione presenti all’interno del foro europeo. Ne parliamo con Elly Schlein, Eurodeputata del Gruppo dell’Alleanza progressista dei Socialisti e dei Democratici.

Onorevole Schlein, qual è il tenore del dibattito a livello istituzionale UE in materia di cannabis – nei suoi diversi utilizzi -, quali sono i Paesi più propositivi e qual è il ruolo dell’Italia, considerando l’evoluzione legislativa e la presentazione, nel 2018, delle nuove proposte di legge?

Anzitutto, ci misuriamo con un dato di fatto: le competenze europee in tema di cannabis sono abbastanza ridotte, nel senso che sono soprattutto inquadrate nell’ambito dei reati transnazionali inerenti al traffico illegale, con la possibilità aggiuntiva di integrare l’azione degli Stati membri nella riduzione dei danni alla salute.

Non abbiamo un’armonizzazione europea su questo tema e il quadro resta, purtroppo, molto frammentato. Anche l’Agenzia europea per i Medicinali (EMA) ritiene che, comportando la cannabis effetti psicoattivi, l’uso come farmaco rimanga sottoposto alle regole nazionali sull’uso delle sostanze stupefacenti.

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Per quanto attiene all’uso ricreativo, su cui pure abbiamo cercato di rianimare la discussione in Italia con la presentazione di una Legge di iniziativa popolare  lanciata con la campagna ‘Legalizziamo’, nonché con altre iniziative che si collocavano nel solco tracciato dall’Intergruppo, per ora è concesso, per piccole quantità, solo in alcuni Paesi: Olanda, Austria, Lussemburgo, Spagna… Invece, sull’uso medico i Paesi aumentano di numero: anche Repubblica Ceca, Finlandia, Germania, Italia e persino Polonia.

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Tutto porta ad aggiornare le riflessioni, a un dibattito più articolato. In Italia fece discutere anche l’intervento della Procura nazionale Antimafia, che già nel 2015 si espresse a conferma del fatto che l’approccio proibizionista, oltre a essere inefficace, è molto più costoso. Non solo perché andare nel senso della legalizzazione toglierebbe alla criminalità organizzata uno dei settori maggiori per le sue entrate, ma anche in quanto la repressione penale e l’intero apparato che serve a farla funzionare hanno un loro costo, anche per ciò che riguarda l’uso della cannabis.

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Leggi tutta l’intervista

(http://www.lindro.it/cannabis-tanti-registri-per-un-quadro-europeo-da-comporre/)

 

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