FRANCESCO OGGIANO
1 febbraio 2020
«Ciao, possiamo piazzarci qui una mezz’oretta?». Il tecnico video, che in quella saletta sta armeggiando con una telecamera, acconsente: «Unica cosa: tra un po’ dovrebbe arrivare qui una politica, per un’intervista. Ma tanto questi qua sono sempre in ritardo…». Elly Schlein, eskimo verde e jeans, gli chiede sorridendo:«“Sa chi è la politica che deve arrivare?». «Non ricordo. Una con un nome strano…».
Non lo si può biasimare, il tecnico. Primo, perché la trionfatrice delle ultime Regionali emiliane non sembra una politica («Al Parlamento europeo mi scambiavano sempre per assistente»). Secondo, perché in effetti ha un nome difficile da ricordare. Un nome che parte da una famiglia dell’Europa Orientale, quegli Schlein trasferitisi in America durante le tragedie del Novecento. E si mischia una generazione dopo alla storia di Agostino Viviani, nonno materno di Elly: «Uno dei pochi a laurearsi senza camicia nera all’epoca del fascismo, a difendere gli ebrei in tribunale, a costo di essere preso a sputi in faccia per la città». Un politico, che a otto anni pensò bene di regalare alla nipote ‘I quattro codici’ più la Costituzione italiana.
Li lesse tutti?
Solo la Costituzione. In quegli anni preferivo suonare piuttosto che leggere.
Cosa suonava?
Il pianoforte. E dai 15 anni una chitarra elettrica, comprata di nascosto qui a Milano, con 400 mila lire di miei risparmi. Quando mi presentai a casa, mio padre richiuse la porta.