DI MATTIA MADONIA
4 FEBBRAIO 2020
È il 21 gennaio quando Elly Schlein, candidata alle elezioni regionali come capolista di Emilia Romagna Coraggiosa, incontra di persona Matteo Salvini nell’hinterland di Bologna. Si trovano fuori da un ristorante a San Giovanni in Persiceto e lei ha aspettato il leader leghista per porgli la domanda che ronza in testa da anni a milioni di italiani: “Perché la Lega non ha partecipato alle 22 riunioni per rinegoziare il trattato di Dublino?”. Salvini sembra spiazzato, più che contrariato. Prende in mano il telefono e chiede a Schlein di aspettare, come quegli studenti che durante le interrogazioni prendono tempo in attesa di una qualche illuminazione sulla risposta. Schlein resta in silenzio, ma la risposta non arriva. Salvini continua a smanettare, preso in contropiede da una situazione fuori dal protocollo della sua propaganda. Con grande eleganza non riesce a trovare una soluzione migliore che ignorare la sua interlocutrice: finge che non sia presente, non la guarda nemmeno. Non trovando una risposta adeguata, prima borbotta qualcosa – sempre senza guardare negli occhi Schlein –, poi decide di andarsene.
Pochi giorni dopo Elly Schlein è la politica che ottiene più preferenze a livello regionale, anche se la sua lista progressista ed ecologista si è fermata al 3,77% delle preferenze.
er descrivere la sua esperienza all’interno del Pd bisogna rispolverare il motto “breve ma intensa”. Nel 2013, quando i franchi tiratori impediscono l’elezione di Romano Prodi come Presidente della Repubblica, Schlein dà vita a OccupyPD, una campagna di mobilitazione che la porta insieme ad altri giovani dem a occupare le sedi del partito per manifestare il malumore verso un Pd chiuso in se stesso e arenato sulle larghe intese del Governo Letta. Diventa europarlamentare nel 2014 con il Pd, ma con l’arrivo di Renzi a Palazzo Chigi decide di lasciare il partito nel maggio 2015, per passare a Possibile di Civati, sostenendo che “Vale la pena di lottare dentro al partito finchè c’è il partito, ma io temo che il partito non esista più”. Alla scadenza del suo mandato decide di non accettare l’offerta di Zingaretti di ricandidarsi. Mentre Renzi ha fondato un altro progetto politico, Schlein decide di lottare per un’idea nuova di sinistra. Quella vera.